Mojib Latif, eminente oceanologo tedesco di origini pachistane dell’Università di Kiel, è un convinto assertore del global warming ed è stato tra gli estensori del rapporto IPCC del 2007 che resta la base scientifica sul futuro riscaldamento globale del pianeta. Alla recente Conferenza mondiale sul clima tenutasi a Ginevra agli inizi di settembre ha però lanciato un messaggio che ha lasciato interdetti i conferenzieri: i prossimi decenni potrebbero essere più freschi! Obiettivo del Prof. Latif è quello di migliorare le previsioni climatiche a medio-lungo termine inserendo le cosiddette ‘previsioni decennali’ sulle tendenze di lungo periodo, in particolare tenendo conto delle probabili variazioni decennali della temperatura marina dovute a cambiamenti nelle correnti marine come il NAO (North Atlantic Oscillation) e il MOC (Meridional Overturning Circulation). Conclusioni: nell’ambito di una tendenza di aumento di temperatura di ben 3 gradi tra oggi e il 2100, si può inserire un raffrescamento di qualche decimo di grado tra oggi fino a quasi il 2030.
Se fosse vero, quali ne sarebbero le conseguenze ?
Sarebbero per lo più buone notizie, perché si potrebbe affrontare la parziale riconversione energetica dai combustibili fossili a fonti alternative senza avere, a medio, i problemi aggiuntivi del riscaldamento climatico. Nella generazione elettrica i fossili dominanti sono il gas naturale con emissioni ridotte e senza problemi di disponibilità immediate, ma fortemente concentrato in paesi non rassicuranti come Russia e Iran, e il carbone che ha riserve a lungo termine ma che è il peggiore inquinante. L’inevitabile crescita delle centrali a carbone nel breve-medio in paesi come la Cina, con le sue accresciute emissioni di CO2, farà relativamente meno danni, nel breve, in un contesto più fresco. Si avrà più tempo per sviluppare l’elettricità nucleare, che richiede tempi lunghi di pianificazione e dove gli impianti di nuova generazione stanno incontrando grandi difficoltà: l’innovativo reattore finlandese di Olkiluoto 3 non è ancora entrato in funzione, ha un ritardo di oltre tre anni, e i costi sono aumentati di oltre il 50% rispetto alle previsioni. Lo stesso vale per le rinnovabili. La produzione eolica comincia ad avere un discreto peso specifico in paesi come Danimarca, Portogallo e Spagna, dove l’incidenza dell’eolico sul totale dei consumi di energia elettrica supera il 10%, mentre nel solare fotovoltaico la discesa dei costi che stiamo osservando dovrebbe favorirne lo sviluppo. Potrebbe riprendere impeto il CSP (Concentrated Solar Power), che resta la speranza più forte per ottenere energia solare in quantità significative: nel luglio 2009 un gruppo di primarie aziende tedesche ha lanciato il progetto Desertec, il cui è scopo è costruire impianti solari in Nord Africa in grado di produrre elettricità da importare in Europa, in quantità tale da coprire fino al 15% del fabbisogno del vecchio continente. Analoghe considerazioni valgono per le misure di conservazione energetica negli edifici e per le molteplici iniziative di efficienza energetica un po’ in tutti i settori. Un mondo climaticamente un po’ più fresco per uno o due decenni ci potrebbe dare ‘lo spazio per respirare’ di cui abbiamo bisogno.
Un po’ diverso il caso del petrolio che con il 37% del totale resta la fonte primaria di energia più utilizzata. Di petrolio estraibile a costi bassi non se ne trova praticamente più, e di petrolio in generale se ne trova poco. Recentemente si è dato grande risalto a un giacimento ‘gigante’ nel Golfo del Messico con riserve estraibili di 500 milioni di barili e potenziali fino a 3 miliardi. Se consideriamo che il mondo consuma 30 miliardi di barili all’anno questo ‘gigante’ ci servirà per 6 giorni (!) di consumo, o, nel caso più ottimistico, per poco più di un mese! E a più di 1 km di profondità estrarlo non costa una bazzecola: probabilmente più di $ 60 al barile. Fa impressione semmai che l’avvenimento abbia ricevuto tutta questa attenzione! Il petrolio è usato al 60% per il trasporto, soprattutto su strada. La crescita del parco automobilistico è stata frenata dalla crisi, ma, sperabilmente, riprenderà, anche perché centinaia di milioni di cinesi e indiani vogliono avere l’auto, mentre la conversione a macchine ibride ed elettriche, che costano di più, e a macchine più piccole e a meno consumo, che rendono di meno ai produttori, prenderà tempo e comunque il mix del parco automobilistico si evolve con lentezza. In realtà l’andamento climatico nel medio periodo non fa ‘né caldo né freddo’ alle prospettive del petrolio: se la domanda dovesse surriscaldarsi sarà l’aumento di prezzo a calmarla. Prezzo che in questo periodo di crisi, dopo una discesa a $40, si è mantenuto minacciosamente stabile attorno ai $70 ma che in futuro potrebbe ripetere i ‘fasti’ del 2008. Perché l’eventuale raffrescamento sia positivo occorre però che si tenga la barra diritta. La sostituzione graduale e parziale dei combustibili fossili con alternativi e la diminuzione dell’intensità energetica rimangono obiettivi centrali nel mondo attuale. E’ necessario quindi che i governi impegnati ovunque a raschiare il fondo del barile per trovare fondi non riducano gli incentivi alle rinnovabili o all’efficienza energetica. Si farebbe un gran danno per ricavare pochi euro: gli incentivi sono di solito intorno allo 0,1% del PIL. Né sarebbe intelligente riprendere le emissioni di CO2 alla grande perché nel medio-lungo gli effetti sarebbero molto nocivi.