Sembrano, sono tempi duri per le rinnovabili, soprattutto in Italia. A metà marzo sul lago di Como il ministro Brunetta le definì memorabilmente in modo poco tecnico ma efficace delle “pippe”. Il responsabile dell‟Authority per l‟energia, Ortis, agli inizi di luglio le additò al pubblico ludibrio: succhiano ben tre miliardi di euro di incentivi statali. E l‟ormai celebre art.45 della Manovra Finanziaria stava per uccidere i certificati verdi! Per non parlare delle Borse dove le azioni legate all‟energia pulita ed efficiente sono scese più degli indici complessivi un po‟ dovunque.
Come è successo che un settore sembra essere passato da bastione della crescita economica ad assurdo sperperatore del pubblico denaro?
Alla base della crescita delle rinnovabili e di una maggiore attenzione verso l‟efficienza energetica – questa meno direttamente attaccata ed attaccabile – vi sono sempre state due cause che si rafforzavano: la preoccupazione per l‟ambiente ed il cambiamento climatico in particolare e la necessità di trovare fonti energetiche alternative ai combustibili fossili ritenuti o troppo inquinanti (carbone) o in via di possibile rapido esaurimento (petrolio).
Sembrano lontanissimi (ed era solo il 2007) i tempi del Nobel per Al Gore e l‟IPCC. Da allora solo buone notizie per i “deniers”, i “negazionisti” del cambiamento climatico. La scoperta di un migliaio di email all‟Università dell‟East Anglia che hanno gettato ombre sull‟obbiettività di quegli studiosi. Una serie di minicontestazioni: avvero 2 gradi di aumento di temperatura sono inaccettabili? Gli uragani forse non aumentano, anzi no, forse diminuiscono. E le nuvole, in deciso aumento, che effetto avranno: positivo perché riflettono i raggi solari o negativo perché catturano il calore della terra? Ed il freddissimo inverno del 2010? Che in realtà non è stato così gelido come si pensa, ma questa è la percezione diffusa nelle zone dove l‟opinione conta.
In realtà, per parafrasare il Conte Ugolino “più che il dolor poté la fame”, ed è stata la Grande Crisi di fine 2008, più che i dibattiti scientifici, a spingere totalmente ai margini le preoccupazioni per i cambiamenti climatici. I dati sono univoci e devastanti. Un sondaggio del Pew Research Center negli USA nel gennaio 2010 poneva il clima al 21° posto su 21 potenziali preoccupazioni degli americani. L‟economia, l‟occupazione e il terrorismo erano visti come priorità da oltre l‟80% degli americani. Il clima (28%) era superato addirittura dal lobbismo e dalle politiche commerciali! Simile la storia di altrettanti poll in Regno Unito e Germania.
La causa più forte per lo sviluppo delle energie rinnovabili è però sempre stata la ricerca di alternative ai fossili. L‟attuale crisi ne ha, temporaneamente e parzialmente, diminuito l‟urgenza. Riducendo innanzitutto i consumi energetici, riportando il prezzo del petrolio al suo costo marginale ($ 70/80 al barile), deprimendo il prezzo del gas naturale ai livelli del 2004. Inoltre si parla meno del picco del petrolio; quanto al gas naturale si citano oggi risorse quasi illimitate grazie ai giacimenti di “gas shales”. Certo una maggiore indipendenza energetica e una correlata minore dipendenza da paesi inaffidabili rimangono obiettivi importanti. Ma oggi la gente non scende nelle strade per protestare contro il caro benzina ma per chiedere posti di lavoro.
In apparenza non sono minacciati gli sforzi per migliorare l‟efficienza energetica. In effetti chi può logicamente opporvisi, visto che è palesemente assurdo essere a favore del contrario, l‟inefficienza energetica? La IEA stima che un gruppo di 17 paesi avanzati, inclusi tutti i principali del mondo sviluppato, tra il 1990 e il 2006 ha diminuito l‟intensità energetica del 15% con progressi molto significativi negli edifici e negli elettrodomestici. Non male, ma è pur sempre un miglioramento prossimo all‟1% all‟anno. Non illudiamoci: le resistenze e le vischiosità sono notevoli e una massiccia dose di incentivi e di dure disposizioni è necessaria per risultati più significativi.
Incentivi e legislazione favorevole sono i due pilastri necessari alla crescita dell‟energia pulita ed efficiente e in questi tempi il supporto governativo è quanto mai incerto. I giorni in cui si chiedeva agli utenti se erano disposti a pagare un supplemento per l‟ “energia verde” sembrano appartenere a un‟altra era geologica e invece era solo qualche anno fa. Oggi è in atto una ricerca spasmodica per ridurre le spese dello Stato e le rinnovabili, apertamente, e l‟ efficienza energetica, in modo più subdolo, sembrano tra i più probabili agnelli sacrificali.
La realtà
Eppure, nonostante tutti questi limiti, le rinnovabili continuano a crescere in maniera molto rilevante. E, soprattutto, crescono in tutto il mondo.
L‟eolico è l‟esempio più eclatante anche perché ha un‟efficienza di costo vicina ai fossili. La crescita mondiale negli ultimi 3 anni è stata di quasi il 40% annuo e nel 2009 è stata raggiunta una capacità complessiva di 158 GW (che ha coperto quasi il 2% dei consumi elettrici mondiali), di cui circa la metà in Europa, il resto suddiviso quasi equamente tra Stati Uniti e Asia, con la Cina che la fa da padrona con il 16% di tutta la capacità installata e che, insieme con la Germania, si colloca dietro agli USA come principale attore mondiale. Un podio di tutto rispetto! Molto interessante il ruolo della Cina, responsabile nell‟ultimo anno di oltre 1/3 dei 38 nuovi GW installati nel mondo.
Per anni i paesi industrializzati hanno additato i paesi in via di sviluppo come causa prima per il travagliato percorso del protocollo di Kyoto e della sua estensione. Alla prova dei fatti, però, è la Cina a crescere più di tutti, come sempre.
Ancora più forte la crescita nel solare, che parte indubbiamente da dimensioni molto modeste e non dà ancora un contributo apprezzabile alla produzione elettrica mondiale, ma la cui capacità installata dal 2006 è cresciuta circa del 50% all‟anno. La maggior parte della capacità è oggi localizzata in Europa, grazie anche ai sussidi di diversi paesi: Germania, Spagna e Italia su tutti. La buona notizia è il forte calo del costo di produzione del solare fotovoltaico – tuttora elevato – frutto della riduzione del prezzo del silicio, dei miglioramenti tecnologici e delle economie di scala. Alcuni prevedono che si possa raggiungere la “grid parity” prima del 20151. Incidentalmente i cinesi non sono leader nell‟utilizzo del solare ma sono molto attivi tra i produttori di componenti con molte aziende a capitalizzazione miliardaria (Suntech, Yingli e Trina su tutte, intorno ai 2 B $).
Più difficile avere dati sul leader storico delle rinnovabili (idro a parte): le biomasse. I dati globali mostrano una crescita della loro importanza – pur non uniforme geograficamente – per la produzione elettrica (nei primi 5 paesi europei si è passati da 47 a 59 TWh tra il 2006 e il 2008), un forte aumento dei pellet per riscaldamento soprattutto in Europa e una vita più sofferta per i biofuel, segnati dalla polemica “food vs. fuel” oltre che da reticenze al loro uso da parte di costruttori auto e compagnie petrolifere.
In tutti i comparti le previsioni di crescita restano eccellenti in un quadro economico incerto, pur considerando una probabile riduzione degli incentivi.
Il tema degli incentivi sembra oggettivamente sopravvalutato. Intanto non sono eterni: devono servire fino al raggiungimento di una discreta competitività. Poi sono modesti. Prendendo per buoni, ad esempio, i dati di Ortis, per l‟Italia stiamo comunque parlando di meno dell‟1 per mille del carico fiscale, destinato a crescere nella peggiore delle ipotesi al 2 per mille. Ma soprattutto sono l‟opposto di spese inutili: creano aziende e posti di lavoro; contribuiscono, in maniera finora indubbiamente modesta, all‟indipendenza energetica e riducono quanto meno l‟inquinamento atmosferico. Il disappunto per l‟Italia, finora, è di non essere riuscita a creare dei colossi nel settore come hanno fatto non solo Germania, Stati Uniti e Cina, ma anche la Spagna (Iberdrola, Albengoa, Gamesa) e la Danimarca (Vestas). Anche se non mancano da noi aziende di minor livello, quotate e non, molto interessanti. L‟importante, in settori nascenti, è crederci e tenere diritta la barra.
Sta di fatto che, a livello mondiale, gli investimenti in energie pulite hanno ripreso con decisione. Dopo il rallentamento del 2009, in tutto il mondo si è ricominciato a investire, soprattutto in paesi con un potenziale di crescita enorme. Nel secondo trimestre 2010 gli investimenti in clean energy in Cina hanno superato gli 11 B USD, un valore superiore alla somma degli investimenti di Europa (4,5 B USD) e Stati Uniti (4,9 B USD, cifra inusualmente superiore a quella europea).
Anche i fondamentali sottostanti l‟energia pulita sono ben più solidi di quanto sembri. Le principali basi scientifiche del cambiamento climatico non sono mutate. Sono anzi rafforzate da un recentissimo studio della NOAA2 che ribadisce la correlazione tra i gas a effetto serra e riscaldamento globale e che segnala che il 90% del riscaldamento è stato assorbito dagli oceani, aumentati di oltre 5 cm negli ultimi 50 anni. Vengono confermate la ritirata dei ghiacciai, l‟innalzamento del livello del mare e l‟intensificazione delle precipitazioni. E una notizia interessante: i primi 6 mesi del 2010 sono i più caldi della storia del mondo (conosciuta). Con buona pace di chi ha avuto la sensazione che sia stato un inverno freddo. Sensazione che peraltro per chi vive in Italia, soprattutto al Nord, riproduce la realtà almeno per i primi 3 mesi del 2010. L‟Italia però non è il mondo, ma una parte bella, affascinante, industriosa e ricca di storia, ma solo una parte.
La necessità di infrastrutture per energie rinnovabili e per il nucleare per “indipendizzare” le fonti energetiche non è mai in realtà venuta meno, ma è solo stata attutita dalla crisi. Recentemente poi il dibattito sul peak oil si è riacceso alla luce di alcuni studi realizzati da tre illustri scienziati britannici per l’Università di Oxford e dallo US Joint Forces Command, che indicano negli anni 2014-2015 il cosiddetto “picco”, fino ad ora posizionato intorno al 2030 da istituzioni come l‟EIA e la IEA. E comunque il prezzo del petrolio è già oggi quasi il doppio rispetto ai primi anni del 2000. Il prezzo del gas, a sua volta, è previsto crescere a partire dal 2013 in funzione dell‟aumento della domanda di gas a scapito del petrolio e del carbone, considerato troppo “costoso” in termini di emissioni di CO2. Infine disastri come quello della BP nel Golfo del Messico fanno capire che le fonti marginali, oltre che costose, possono essere anche molto pericolose. Ad esempio lo sfruttamento delle gas “shales” presenta un rischio di inquinamento delle falde acquifere, ed è di fine luglio la notizia di una perdita di 4 milioni di litri di petrolio causata dalla rottura di un oleodotto che collega le “tar sands” canadesi al Michigan.
Il futuro dell’efficienza energetica è ancora più chiaro. Un incremento dell‟efficienza rende le attività produttive più competitive; riduce i costi per le famiglie, aumentandone il potere di acquisto, quelli per la Pubblica Amministrazione attenuando il fabbisogno di entrate fiscali; diminuisce il fabbisogno di energia e per giunta contribuisce a mitigare il cambiamento climatico. E se è vero, come ricordato prima, che incontra resistenze e vischiosità, anche perché spesso richiede investimenti iniziali, è altrettanto vero che la crisi sta rendendo tutti più consci della necessità di essere economici e di evitare sprechi. Ai governi si richiede di emanare direttive obbligatorie per edifici, elettrodomestici, illuminazione, veicoli, che certamente incontrano resistenze comprensibili da parte degli interessi precostituiti ma che sembrano più facili da superare rispetto a un aumento della fiscalità.
Alba o tramonto?
La risposta sembra molto chiara. La macchina messa in moto nel mondo è troppo grande e soprattutto è troppo in linea con tre esigenze fondamentali – un rilancio dello sviluppo economico, una minore intensità energetica delle attività di industrie e famiglie e una maggiore indipendenza energetica – per poter essere fermata. I “negazionisti” del riscaldamento climatico faranno bene a concentrarsi sul dibattito scientifico e a prendersela con l‟IPCC, l‟Università dell‟East Anglia e il NOAA e a rassegnarsi a un‟energia più pulita ed efficiente.